Majazzin House Gallery è il nome che identifica una abitazione settecentesca, ex magazzino di cereali delle monache del Conservatorio del Carmine, in cui l’allestimento degli spazi varia grazie al susseguirsi di esposizioni di opere e installazioni di artisti contemporanei.
L’abitazione è quella di Sante Cutecchia, architetto e l’idea nasce grazie alla presenza di due artisti che in più occasioni hanno sperimentato simili progetti: Giovanni Matteo, illustratore, fumettista e pittore e Caterina Striccoli, ceramista, entrambi insegnanti di arte.

venerdì 18 marzo 2011

MAYA DO CARME - PUNTI DI VISTA 20/03/2011

















A partire da domenica 20 marzo Majazzin propone Punti di vista, personale di Maya do Carme, artista di origine portoghese che vive e lavora attualmente tra l'Italia e la Spagna. Il suo lavoro, che riguarda la pittura e la scultura, attraversa un periodo in cui pochi segni esprimono la sua attenzione verso le principali problematiche dei Paesi del Mediterraneo. 
Le esposizioni delle sue opere si svolgono in piccole gallerie che animano la scena underground di varie città europee. L'autoproduzione è l'unico metodo di diffusione che l'artista utilizza: libri e cataloghi a tiratura limitata sono i soli strumenti che ne documentino l'attività. I mezzi di comunicazione di massa, compreso il web, non conoscono le opere di Maya.
Punti di vista può essere facilmente scambiato per una proposta dal sapore ludico. Abbiamo familiarizzato con il vecchio gioco che prevede l’unione sequenziale di puntini numerati per ottenere un’immagine riconoscibile su “La settimana enigmistica” e questa pratica non può che sembrarci innocua. L’artista propone, appunto, tele in cui i puntini numerati si offrono al fruitore, dandogli l’opportunità di tracciare le linee che sveleranno l’enigma. La possibilità offerta da Maya può apparire come manifestazione di una volontà di coinvolgimento dello spettatore e di dissacrazione del mito dell’unicità del gesto artistico ma, riflettendoci, quello che l’artista mette in atto è un vero e proprio asservimento del fruitore. Questi non è chiamato a mettere in gioco la sua creatività, a relazionarsi con l’opera esprimendosi ma a partecipare alla sua realizzazione secondo regole precise, sotto rigida dettatura.  Se poi consideriamo il fatto che i titoli delle enigmatiche tele corrispondono a concetti che dovrebbero essere universali, come quelli di libertà, famiglia, amore, religione, lavoro, possiamo giungere alla conclusione di essere stati subdolamente coinvolti in un gioco crudele. Siamo noi stessi, da fruitori passivi ed inconsapevoli, a dare una corrispondenza visiva a queste didascalie. I concetti precedentemente enumerati vengono rappresentati secondo una visione che non fatichiamo a riconoscere come quella impostaci dal “potere” attraverso i media e le istituzioni. Maya do Carme vuole far rivivere attraverso l’atto grafico la costruzione di un sistema di idee e di valori al quale partecipiamo nostro malgrado. Senza uscire dalle sue vesti di artista, agisce secondo i meccanismi propri del potere: costringe un pubblico che si illude di partecipare alla realizzazione di un sistema che riflette un ordine ben preciso, voluto dai vertici, ma subìto ed allo stesso tempo alimentato dalle masse.