MUTE[A]ZIONI
Personale di
Hernàn Chavar
Hernàn Chavar
dal 4 al 18 maggio - inaugurazione 4 maggio, ore 19,00
Testo di Giovanni Matteo
Notte.
Un capanno nel bosco. Dentro c'è un uomo, al buio. Nel silenzio si
moltiplicano gli stridii, gli squittii, i bramiti, i grugniti.
L'uomo accende una candela e fa l'unica cosa che può fare: disegna.
Disegna le creature che lo accerchiano, cerca di dare un volto alle
sue paure, come gli uomini del Paleolitico con i loro bisonti,
terribili e meravigliosi. Ora quelle bestie sono nel suo capanno: lui
stesso le ha evocate, tirando linee intorno ai loro occhi bianchi che
lo osservano imprigionati nella carta.
L'arte
di Hernàn Chavar non ha niente a che fare con i ritriti cut up di
icone pop ed articoli in offerta speciale di modernariato
underground, oramai toppe colorate sulla grigia coperta
dell'omologazione estetica. Le sue sono visioni, materia nobile
dell'inconscio tradotta in immagine.
Chi
proprio non volesse lasciarsi fagocitare dalle visioni dell'artista
marchigiano senza prima darsi ad infauste masturbazioni genealogiche
potrebbe udire flebili eco degli incubi di Dino Buzzati e di Howard
Phillips Lovecraft, tracce dell'eccezionale sensibilità grafica di
un Dino Battaglia, un'analiticità compiaciuta degna degli acquerelli
naturalistici di Dürer. Ma a che servirebbe?
Meglio
entrare in quel capanno, nella densa oscurità del bosco, nella
pancia della balena, nella mente di un dio creatore impazzito alle
prese con una nuova, delirante genesi.
Majazzin
cerca di offrire uno spaccato efficace del lavoro di Hernàn Chavar,
presentando opere provenienti da diverse serie.
Colpiscono
gli animali selvaggi che si animano sulle carte dell'artista: cervi,
lepri, iene, ratti, lontre, procioni, bestie sognate e ricostruite
segno per segno con la febbre del cacciatore e la pazienza del
tassidermista.
Chavar
si serve di tutto il suo patrimonio segnico per dare forma a creature
marine che si fatica a definire pesci, tanto si distanziano dagli
stereotipi visivi che possediamo dei branchiati: musi rincagnati o
puntuti, teorie di spine, escrescenze, contundenti appendici
splendono di nero di china sul bianco opaco della preziosa carta
martellata, facendoli apparire come terrificanti divinità
dimenticate nelle profondità dell'Oceano.
L'
esoscheletro degli ortotteri e dei coleottori è una corazza per
difendersi, le loro zampe e le loro mandibole robuste e corniformi
armi per attaccare. Un inno alla violenza necessaria e misurata della
natura, contrapposta all'idiozia delle guerre dell'uomo, evocata in
alcuni taglienti disegni in mostra, in cui compaiono Stuka, carri
armati e lo stucchevole sorriso del “dottor” Mengele.
Si può
pensare a Chavar come ad una sorta di esploratore segnico dei regni
naturali: ogni spedizione arricchisce il suo bagaglio di nuovi
elementi grafici, ritmi e movimenti. Da una sapiente ed ispirata
orchestrazione di questo complesso insieme hanno origine lavori in
cui l'uomo (un uomo ingombrante, sensuale e per niente idealizzato)
subisce una dolorosa ibridazione con diverse categorie del regno
animale e vegetale: la pelle si ricopre di peli, rami e liane
germogliano dalle braccia, dalla bocca fioriscono tentacoli, corni ed
aculei si innalzano su una colonna vertebrale martoriata... mutazioni
grafiche in cui la minuzia e la vitalità del segno hanno la loro
esaltazione, ma è bene puntualizzare che l'atto grafico non scivola
mai nel virtuosismo e nasconde, piuttosto, un sapore sciamanico.
Disegnando,
Chavar prova a rivelare il segreto occultato in queste creature che
non hanno partecipato al nostro progresso, alle nostre rivoluzioni,
ma ci sono sempre state. A testimoniare l'inequivocabile presenza di
qualcosa che ci trascende o, forse, più semplicemente, vola, nuota,
striscia accanto a noi, parallelo alla nostra ridicola Storia di
autoeletti signori del creato.
Questo
stralcio di “Fight Club” di Chuck Palahniuk, che l'artista stesso
ha voluto proporre, fornisce un'efficace chiave di lettura alla
mostra, quasi un viatico al suo mondo:
“Tyler
mi ha detto di immaginarmi di piantare ravanelli e patate sul green
della quindicesima buca di un campo da golf dimenticato.
Darai la caccia agli alci nelle valli boscose intorno alle rovine del Rockefeller Center e cercherai molluschi intorno allo scheletro dello Space Needle, inclinato di quarantacinque gradi. Dipingeremo sui grattacieli le figure di enormi totem e simulacri di divinità maligne e tutte le sere quel che resta del genere umano si ritirerà negli zoo abbandonati e si chiuderà a chiave nelle gabbie per proteggersi dagli orsi e dei grandi felini e dai lupi che di notte passeggiano e ci guardano dall'altra parte delle sbarre.
[...]Sarà il Progetto Caos a salvare il mondo. Un'era glaciale culturale. Un secolo buio prematuramente indotto. Il Progetto Caos obbligherà l'umanità a entrare in catalessi o in fase di remissione il tempo necessario alla Terra per riprendersi.
[...] Immaginati a far la posta all'alce dalle finestre dei grandi magazzini tra file puzzolenti di splendidi abiti da sera e smoking che vanno in malora appesi alle loro grucce, porterai indumenti di pelle che ti dureranno fino all'ultimo dei tuoi giorni e ti arrampicherai per i rami grossi come tronchi del kudzu rampicante che abbraccia la Sears Towers. Come Jack sulla pianta di fagioli, sbucherai dalla volta gocciolante della foresta e l'aria sarà così tersa che vedrai figure minuscole battere il granturco e disporre a essiccare strisce di carne di cervo nella corsia d'emergenza vuota di una superstrada abbandonata che si allunga larga otto corsie e torrida ad agosto, per mille chilometri"
Darai la caccia agli alci nelle valli boscose intorno alle rovine del Rockefeller Center e cercherai molluschi intorno allo scheletro dello Space Needle, inclinato di quarantacinque gradi. Dipingeremo sui grattacieli le figure di enormi totem e simulacri di divinità maligne e tutte le sere quel che resta del genere umano si ritirerà negli zoo abbandonati e si chiuderà a chiave nelle gabbie per proteggersi dagli orsi e dei grandi felini e dai lupi che di notte passeggiano e ci guardano dall'altra parte delle sbarre.
[...]Sarà il Progetto Caos a salvare il mondo. Un'era glaciale culturale. Un secolo buio prematuramente indotto. Il Progetto Caos obbligherà l'umanità a entrare in catalessi o in fase di remissione il tempo necessario alla Terra per riprendersi.
[...] Immaginati a far la posta all'alce dalle finestre dei grandi magazzini tra file puzzolenti di splendidi abiti da sera e smoking che vanno in malora appesi alle loro grucce, porterai indumenti di pelle che ti dureranno fino all'ultimo dei tuoi giorni e ti arrampicherai per i rami grossi come tronchi del kudzu rampicante che abbraccia la Sears Towers. Come Jack sulla pianta di fagioli, sbucherai dalla volta gocciolante della foresta e l'aria sarà così tersa che vedrai figure minuscole battere il granturco e disporre a essiccare strisce di carne di cervo nella corsia d'emergenza vuota di una superstrada abbandonata che si allunga larga otto corsie e torrida ad agosto, per mille chilometri"
BIO:
Hernàn Chavar è nato a Buenos
Aires (Argentina) nel 1979; si è trasferito in Italia nei primi anni
'80 vive e lavora a Porto Recanati in provincia di Macerata. Ha
frequentato l'Istituto Statale d'Arte e l' Accademia di belle Arti di
Macerata conseguendo il diploma con il massimo dei voti. Ha esposto a
Milano, Roma, Bari, Berlino, ed in numerose mostre, festival, eventi
all'interno del territorio marchigiano. Collabora con lo "Spazio
MOHOC
" di Monteprandone (AP) , la Galleria "ARTCORE" di
Bari ed ha esposto presso la galleria "LE MUSE GIOVANI" di
Adelfia (BA) ed e' membro attivo dell'associazione ADAM di Macerata.Mostre principali:
2000: “Simpatici Pruriti” - Collettiva, Macerata
2009: “Project H” - Personale, Il Caffe’ Del Viale, Macerata
2009: “Mare Mostrum” - Collettiva nell'ambito del Festival “Adriatico-Mediterraneo”, Ancona
2010: “Abc- Esposizione e Presentazione Del Libro Serigrafico Abc”, Ancona
2010: Collettiva presso ILowARTGallery, Bari
2011: “Artika Festival” - Collettiva, Recanati